LA CORTE DI CASSAZIONE
   Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso proposto da Borghi
 trasporti spedizioni S.p.a., in  persona  del  legale  rappresentante
 pro-tempore  elettivamente  domiciliata  in Roma, via Valadier, 36 (o
 26) presso l'avv. Carlo D'Angelantonio che unitamente all'avv. Cesare
 Augusto  Carnazzi la rappresenta e difende giusta procura speciale in
 calce al ricorso, ricorrente, contro  Paparella  Vito,  elettivamente
 domiciliato  in  Roma, via Pierluigi da Palestrina, 63, presso l'avv.
 Mario  Contaldi  che  unitamente  all'avv.  Pier  Luigi   Etteri   lo
 rappresenta   e   difende   giusta   procura  speciale  in  calce  al
 controricorso, controricorrente, per  l'annullamento  della  sentenza
 del tribunale di Milano in data 14 gennaio 1987 dep. il 25 marzo 1987
 (r.g. n. 218/1986), udita - nella pubblica udienza tenutasi il giorno
 1  marzo  1989 - la relazione della causa svolta dal presidente rel.
 dott. Buccarelli;
    Udito l'avv. D'Angelantonio;
    Udito  il  p.m.  nella  persona del sost. proc. gen. dott. Antonio
 Martinelli che ha concluso per l'accoglimento del ricorso.
                           RITENUTO IN FATTO
    Con  ricorso  al  pretore  (del  lavoro)  di  Milano,  in  data 25
 settembre   1984,   Paparella   Vito,   invalido   civile,    avviato
 (obbligatoriamente)  al  lavoro  ex legge n. 482/1968 dall'ufficio di
 collocamento di Milano presso la S.p.a. Borghi trasporti  spedizioni,
 ma   da   questa   non   assunto,  chiedeva  che  venisse  dichiarato
 "costituito" il rapporto di lavoro a norma dell'art. 2932 del c.c.  e
 che  la societa' Borghi, convenuta in giudizio, venisse condannata al
 risarcimento dei danni subiti, pari alle retribuzioni  dovute  e  non
 percepite  dalla  data  dell'avviamento  sino  alla  pronuncia  della
 sentenza.
    Costituitasi  in  giudizio,  la societa' convenuta, contestando la
 fondatezza della  domanda,  ne  chiedeva  il  rigetto,  opponendo  in
 particolare che non poteva trovare applicazione - nel caso concreto -
 la disciplina sulle assunzioni obbligatorie data la natura "psichica"
 della  minorazione  da cui era affetto il lavoratore avviato; che non
 era  possibile  comunque  l'inserimento  di  questo  nella  struttura
 aziendale   dell'impresa;   infine   che   non   era  applicabile  la
 disposizione di cui all'art. 2932 del c.c.
    Dopo  avere  trattato  la  causa  (ispezione  dei luoghi e c.t.u.)
 l'adito pretore accoglieva la domanda con sentenza in data 15  maggio
 1985 che, appellata dalla societa' soccombente, veniva poi confermata
 dal tribunale di Milano con sentenza  in  data  14  gennaio-25  marzo
 1987.
    Osservava  in  motivazione il tribunale che il Paparella, anche se
 affetto  da  "epilessia,  insufficienza  intellettiva,  disturbi  del
 comportamento",  non  poteva  essere  considerato, alla stregua degli
 accertamenti  tecnici  espletati,  un  invalido  "psichico"  vero   e
 proprio,   e   come  tale  escluso  dai  benefici  del  "collocamento
 obbligatorio", secondo  consolidata  giurisprudenza  della  Corte  di
 cassazione  in  materia. Per guisa che illegittimo si era rivelato il
 rifiuto alla assunzione esternato dal datore di  lavoro,  tanto  piu'
 che  era risultato possibile, dall'istruttoria espletata, il proficuo
 ed  utile  inserimento   dell'invalido   nell'assetto   occupazionale
 dell'azienda,  nell'esercizio  di mansioni collaterali ed accessorie,
 quali le  pulizie  dei  cortili,  dei  locali  mensa  e  dei  servizi
 igienici, l'opera di lavaggio ed il piccolo "facchinaggio".
    Contro  tale  decisione propone ricorso per Cassazione la societa'
 soccombente  e  deduce  quattro  diversi  motivi   di   annullamento,
 variamente articolati, successivamente illustrati con memoria.
    Resiste con controricorso Paparella Vito, regolarmente costituito.
                          RITENUTO IN DIRITTO
    Con il primo motivo del ricorso, denunziata violazione dell'art. 5
 della legge n. 482/1968 (art. 360, n. 3, del  c.p.c.),  si  duole  la
 societa'  ricorrente della sentenza impugnata per avere il tribunale,
 nel confermare la  sentenza  appellata  del  pretore  di  Milano  (di
 accoglimento  della  domanda  del  lavoratore  avviato e non assunto)
 ritenuto legittimo l'avviamento, nel caso  concreto  disposto,  senza
 considerare  pero' che gli invalidi affetti da minorazione "psichica"
 (nella  cui  categoria  rientrava  indiscutibilmente  il   Paparella,
 affetto  da  malattie  mentali, cosi' come era risultato in base agli
 accertamenti tecnici espletati) sono esclusi, alla stregua  del  dato
 letterale  della  legge  sulle  assunzioni  obbligatorie ed alla luce
 della sua ratio, dall'ambito di applicazione di tale disciplina.
    Con  il secondo motivo, denunziata violazione della legge 30 marzo
 1971, n. 118 (art. 360, n. 3, del c.p.c.), e vizio di motivazione  in
 ordine  all'interpretazione  di  quest'ultima  (art.  360,  n. 5, del
 c.p.c.), si duole ulteriormente la societa' ricorrente della sentenza
 impugnata  per  non  avere  il tribunale considerato che nei riguardi
 degli invalidi ed "irregolari psichici" sono applicabili (soltanto) i
 benefici  di  cui  alla  legge citata (legge n. 118/1971) e non anche
 quelli del collocamento obbligatorio, previsti  (legge  n.  482/1968)
 nei   riguardi  (soltanto)  degli  invalidi  affetti  da  minorazione
 "fisica", a nulla rilevando la (impossibile, sul  piano  scientifico)
 distinzione  tra  minorazione  psichica  e  minorazione  di origine e
 derivazione "mista" (fisico-psichica), data la ratio della esclusione
 di tali minorati in base agli "effetti" e non gia' in base alle cause
 (o alle origini) dell'infermita' di natura "psichica".
    Con  il  terzo  motivo,  denunziata  "errata" e falsa applicazione
 dell'art. 2932 del c.c., in relazione alla legge  n.  482/1968  (  ex
 art. 360, n. 3, del c.p.c.), si duole la ricorrente che il tribunale,
 nel confermare acriticamente la sentenza del pretore, abbia  ritenuto
 (inammissibilmente)    applicabile,    in   materia   di   assunzioni
 obbligatorie,  la  possibilita'  di  una  pronuncia  costitutiva  del
 rapporto  di  lavoro  ex  art. 2932 del c.c. pur mancando in fatto la
 sussistenza del contenuto dell'accordo  che,  dopo  l'avviamento,  le
 parti avrebbero dovuto inserire nell'oggetto del contratto di lavoro.
    Con  il quarto (ed ultimo) motivo del ricorso, denunziato il vizio
 di motivazione, si duole infine la societa' ricorrente della sentenza
 impugnata  per  avere  il  tribunale,  nel confermare la sentenza del
 pretore, ritenuto (contraddittoriamente) possibile l'inserimento  del
 lavoratore  protetto  nell'ambiente  di  lavoro  dell'azienda, previa
 assegnazione di mansioni meramente manuali (di  pulizia),  mentre  il
 pretore  aveva  ritenuto  compatibili  solo  mansioni "impiegatizie";
 senza considerare che, in ogni caso, il Paparella aveva necessita' di
 continua  assistenza  e  di controllo costante a causa della natura e
 del grado della sua minorazione "psichica".
    Costituitosi  regolarmente  in  giudizio, il lavoratore resistente
 oppone - fra l'altro - (v. controricorso)  in  ordine  ai  motivi  di
 annullamento  ex  adverso  dedotti, che anche gli invalidi "psichici"
 rientrano nel "sistema" del collocamento obbligatorio; e che una loro
 eventuale  esclusione  comporterebbe una ingiustificata disparita' di
 trattamento rispetto agli  invalidi  civili  affetti  da  minorazione
 "fisica"  anche  alla  luce  delle  argomentazioni  e dei principi in
 materia  enunciati  dalla  sentenza  della  Corte  costituzionale  n.
 52/1985;  non  solo,  ma  anche in relazione ai soggetti appartenenti
 alla categoria degli invalidi di guerra o per ragioni di lavoro o  di
 servizio  rispetto  ai  quali  il  "sistema"  (integrato  dalle leggi
 speciali che  discipinanano  tali  ultime  particolari  categorie  di
 invalidi)  prevede  il  loro  "collocamento  obbligatorio"  anche  se
 affetti  da  minorazione  psichica.  Con  conseguente  illegittimita'
 costituzionale  dell'art.  5  della legge n.  482/1968 per violazione
 del principio di eguaglianza di cui all'art.  3 della Costituzione.
    La   questione   (rilevante   nel   presente   giudizio)   non  e'
 manifestamente infondata.